Giornata mondiale dell'obesità 2024

a cura della redazione

Diffondere una maggiore consapevolezza perché l’obesità non va stigmatizzata ma neanche sottovalutata, visto che colpisce almeno un miliardo di persone al mondo. Una data importante da segnare in calendario, quella del 4 marzo di ogni anno perché ricorre la Giornata Mondiale dell’Obesità, il World Obesity Day, istituita nel 2015 dalla Federazione Internazionale per l’Obesità (IFO) e che coinvolge organizzazioni, associazioni e individui. Obiettivo: invertire la crisi globale dell’obesità. La giornata ha infatti lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e istituzioni sul tema dell’obesità e sui suoi pericolosi effetti sulla salute, di incoraggiarne la prevenzione e di lottare contro discriminazioni, pregiudizi e l’uso di un linguaggio stereotipato e stigmatizzante nei confronti delle persone che convivono con l’obesità.

OBESITÀ: AI CONFINI DELLA MALATTIA

I primi a definirla come una malattia furono i Greci, sebbene già Ippocrate avesse scritto che “la corpulenza non è solo una malattia in sé, ma il presagio di altre”. Ciò nonostante, l’obesità resta tra le patologie più fraintese e sottostimate della storia. Ancora oggi, l’opinione pubblica fatica ad inquadrarla come una patologia cronica in cui entrano in gioco difatti fattori biologici, genetici, ambientali e di salute psicofisica. “Dilaga spesso una certa inconsapevolezza del problema - spiega l’intera comunità scientifica. Occorre informare e sensibilizzare perché i numeri relativi all’obesità sono indicativi di una vera e propria emergenza clinica”. A livello mondiale le persone che convivono con l’obesità sono infatti circa un miliardo; si stima che nel 2035 saranno quasi 2 miliardi, ossia quasi un individuo su quattro. In Italia, secondo i dati dell’Italian Barometer Obesity Report, sono 6 milioni le persone obese, circa il 12% della popolazione adulta.

Più di 25 milioni di italiani (il 46% della popolazione) sono in eccesso di peso, di questi il 26,3% bambini e adolescenti (ovvero 2,2 milioni tra 3 e i 17 anni) con punte del 31,9% al Sud. Si tratta dunque della più grave “epidemia non infettiva” del terzo millennio, le cui proporzioni hanno portato nel 2000 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a coniare il termine “Globesity”. In Italia, sebbene sia stata riconosciuta come malattia cronica dal Parlamento, troppe ancora sono le criticità irrisolte. E la conferma arriva anche dal Ministro della Salute, Orazio Schillaci: “sappiamo che l’obesità è strettamente correlata con lo sviluppo di malattie croniche non trasmissibili come il diabete, le malattie cardiovascolari e i tumori, responsabili, a loro volta, di un alto numero di decessi e di anni vissuti in cattiva salute, con un aggravio notevole dei costi sanitari e sociali. Ridurre l’obesità significa contrastare l’insorgenza di queste malattie migliorando lo stato di salute nella popolazione e la sostenibilità economica del sistema”.

OBESITÀ: NON SOLO CIBO

Contrariamente alla convinzione che il controllo del peso riguardi solo la forza di volontà, le cause alla radice sono invece assai complesse. Chi è obeso spesso deve fare i conti anche con lo stigma sociale: “colpevole di obesità”. Ma cos’è davvero l’obesità? Una malattia caratterizzata da un accumulo patologico di grasso corporeo con conseguenze importanti poiché può portare all’insorgenza di pressione alta, diabete mellito, apnee notturne, patologie cardiovascolari, malattie del fegato e molti tipi di cancro. Due le cause principali che l’Organizzazione Mondiale della Sanità attribuisce all’obesità: un’elevata assunzione di alimenti calorici e l’inattività fisica. Gioca dunque un ruolo fondamentale lo stile di vita, in particolare la sedentarietà, l’alimentazione, la quantità e la qualità del sonno notturno, ma anche l’assunzione di alcuni farmaci che possono favorire l’appetito e causare un aumento di peso e il periodo post parto. Più raramente è dovuta a condizioni genetiche. Per la misurazione viene comunemente utilizzato l’Indice di Massa Corporeo (BMI) che si calcola dividendo il peso di un individuo (in chilogrammi) per la sua altezza al quadrato. I punteggi BMI vengono quindi classificati in categorie, dove un BMI maggiore di 30 è indice di obesità. I parametri da tenere in considerazione sono i seguenti: normopeso: BMI 18.5-24.9; sovrappeso: BMI 24.9-29.9; obesità I grado: BMI 30-34.9; obesità di II grado: 35-39.9; obesità di III grado: BMI 40-49.9 e superobesità: da BMI 50 in su.

 

OBESITÀ INFANTILE: L’ITALIA È TRA I PRIMI POSTI

Nel panorama europeo, l’Italia è in cima alla classifica per obesità infantile. Secondo un rapporto dell’Oms sull’Europa, l’Italia presenta infatti la percentuale più elevata (pari al 42%) di bimbi in sovrappeso od obesi nella fascia di età 5-9 anni, mentre si colloca al 4° posto nella classe di età 10-19 anni con il 34,2% dei giovani affetti. Accanto alle misure individuate dall’Oms/Europa - su come promuovere l’attività fisica, rafforzare la prevenzione e la regolamentazione dell’industria alimentare e delle bevande - si lavora per non far passare più l’idea di obesità come un problema irrisolvibile, piuttosto, come problema di salute assolutamente modificabile.

 

Photo: ©depositphotos.com / www.worldobesityday.org