L’acido folico (vitamina B9) è una vitamina idrosolubile contenuta prevalentemente in alimenti di origine vegetale:

  • frutta → kiwi, fragole, arance
  • frutta secca → mandorle, noci
  • verdura a foglia verde → spinaci, broccoli, asparagi, lattuga
  • legumi → fagioli, piselli

Per quanto riguarda gli alimenti di origine animale, l’acido folico è contenuto nel fegato, in alcune frattaglie, nel formaggio e nell’uovo.

I processi di preparazione, cottura e conservazione di questi alimenti può ridurre la quantità di acido folico presente in essi poiché è una vitamina idrosolubile sensibile al calore, alla luce e all’aria.

A cosa serve?

L’acido folico è essenziale per la sintesi di purine e di pirimidine, le basi che costituiscono il DNA, per la sintesi degli amminoacidi, unità di base per la produzione di proteine, per la formazione dell’emoglobina poiché aumenta l’assorbimento del ferro e per i processi di proliferazione e differenziazione come i tessuti embrionali. A questo proposito negli ultimi decenni è stato riconosciuto come fondamentale nella prevenzione di alcune malformazioni congenite, particolarmente di quelle a carico del tubo neurale.

Esso però non agisce nella forma in cui viene assunto, ma deve essere trasformato nella forma attiva, ossia l’acido tetraidrofolico (THF) ad opera di un enzima, la diidrofolato reduttasi.

Acido folico

Quanto ne serve?

Se l’alimentazione è varia ed equilibrata la quantità introdotta con essa è adeguata. Il fabbisogno nutrizionale giornaliero è pari a 0,4 mg/die nella popolazione generale. Perché sottolineo “nella popolazione generale”? Perché nelle donne in età fertile durante il periodo di gravidanza e l’allattamento il fabbisogno aumenta. In gravidanza è pari a 0,6 mg/die, mentre durante l’allattamento è pari a 0,5 mg/die. Per questo motivo è raccomandata la supplementazione, la quale deve essere iniziata a partire almeno da un mese prima del concepimento fino al terzo mese di gravidanza (periodo periconcezionale).

Solo queste due categorie sono a rischio?

Le donne in gravidanza e in allattamento non sono le sole a essere esposte a una possibile carenza da acido folico, infatti un ridotto assorbimento e dunque un conseguente aumento del fabbisogno possono derivare dall’assunzione di farmaci (barbiturici, estroprogestinici), di alcol, da alcune patologie croniche come il diabete di tipo 2, la celiachia, il malassorbimento o da alcune varianti di geni coinvolti nel metabolismo dell’acido folico come l’enzima coinvolto nella sua attivazione.

Che cosa comporta una carenza da acido folico?

Una carenza di acido folico in gravidanza aumenta il rischio di malformazioni del feto, in particolare si possono avere difetti a livello del tubo neurale come la spina bifida e l’anencefalia. La carenza però può anche essere associata ad altri esiti avversi della gravidanza come il ritardo della crescita del feto a livello intrauterino e il parto prematuro.

Il tubo neurale è una struttura embrionale da cui ha sviluppo il sistema nervoso centrale (cervello, spina dorsale) che se non si chiude correttamente durante le prime settimane di gravidanza porta il neonato a sviluppare gravi malformazioni congenite note come difetti del tubo neurale a cui appartengono la spina bifida e l’anencefalia.

→ La spina bifida è il difetto neurale più frequente ed è dovuta a un’incompleta chiusura della parte inferiore del tubo neurale. Quali sono le conseguenze? Possono insorgere problemi che vengono corretti con interventi chirurgici oppure, nei casi peggiori, gravi disabilità fisiche e mentali come paralisi degli arti inferiori, difficoltà di controllo degli organi interni (intestino e vescica), difficoltà nello sviluppo e nell’apprendimento e ritardo mentale. Nonostante questo la maggior parte dei bambini con spina bifida sopravvive fino all’età adulta.

→ L’anencefalia è una condizione in cui il cervello si sviluppa in modo incompleto e a differenza della spina bifida porta alla morte del bambino prima della nascita o subito dopo.